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Boom del vino in bag-in-box

(Settembre 2014)

Il boom del vino in bib

Ci scommetono economisti e analisti sulla diffusione di questo nuovo format. Etichette premium e d’annata che “dalla scatola “scalano i ranking enologici.

Karl Storchmann, economista guru del vino, è pronto a scommettere sul mercato del BiB, i vini in bag-in-box. Docente di economia alla New York University, nonché direttore del Jounal of Wine Economics, rivista scientifica espressione dell’Aawe, american association of wine economists, associazione non profit di docenti delle più prestigiose università, da Harvard a Yale, parla da un osservatorio privilegiato per anticipare i trend e intercettare da lontano il nuovo che avanza. Stavolta sembra proprio arrivato il momento dei Bib.”Vedo un gigantesco trend per i “boxed wine””, dice a la Repubblica-Affari & Finanza.

I BiB si vendono da decenni, ma solo negli ultimi dieci anni hanno iniziato a diffondersi in modo rilevante. Spesso in formato da tre litri conservano il vino senza ossigeno, e il vino si può spillare da un rubinetto quando si vuole e quanto se ne vuole, anche un solo bicchiere per volta. Un vantaggio per chi non vuole bere molto ma neanche buttare via una bottiglia dopo un paio di giorni.

Si calcola che in Australia il 50% del vino venduto sia “wine cask” come viene anche chiamato il Bib in questo continente. Non stupisce, considerato che proprio l’Australia ha conquistato il mondo con vini economici. I primi a essere “inscatolati” nel cask. Meno diffuso è questo format in altri paesi, a partire dall’Italia, dove finora il BiB è stato considerato un vino di bassa qualità.

Ma le cose stanno cambiando. E il Bib comincia a tallonare le etichette in bottiglia più prestigiose. A partire dagli Usa. In questa terra, ancora oggi patria delle nuove tendenze, stando a quanto segnalato dal Dr. Vinis di Wine Spectator, la categoria di vini premium che cresce più rapidamente sono proprio quelli in BiB. Tutto merito dei coraggiosi produttori che per primi hanno osato “inscatolare” i loro “cru”.

Tra i pionieri Wine Cube , uno store-brand del Bib, e Black Box hanno lanciato nel 2003 un vino premium, conveniente e che poteva stare in scaffale, caratterizzato da alta qualità verietale e con tanto di data dell’anno di raccolta.. Una rivoluzione per il settore. Dove ormai non è raro trovare prodotti che viaggiano al prezzo di 15-20 euro al litro. La differenza è che 3 litri dentro un bag-in-box, seppure premium, alla fine hanno un prezzo concorrenziale rispetto ai vini premium in bottiglia. Un fattore non indifferente nello scenario dei consumi profondamente mutato dopo lo tsunami finanziario mondiale. E proprio dagli Usa è partita la nuova ondata dello “chic & cheap”, economico ma chic allo stesso tempo. Proprio quello che rappresenta oggi il BiB.

Anche le riviste specializzate hanno iniziato a emettere i primi rating, con tanto d’annata e formato del BIb. Alla fine del 2013, un’equipe di degustatori di Forbes, coordinati da Katy Kelly Bell, che per il prestigioso magazine firma una seguitissima rubrica, ha stilato una classifica dei migliori vini sotto i 10 euro al litro: sono tutti Bib, tre rossi e tre bianchi. 

A gennaio a BioMillessimé 2014, la fiera dei vini naturali che si tiene ogni anno a Montpellier, il vino premium in Bib è stato uno dei temi più dibattuti. Molti gli esempi di etichette “tre litri” al prezzo di 15-20 euro al litro. Vini naturalie e vini bio in effetti sono quelli che per primi hanno tratto vantaggio da questo tipo di confezione, che aiuta a preservare vini, tanto più quelli naturali con bassa o nulla presenza di solfiti e altri componenti chimici. In Italia, in effetti, il vino bag-in-box si trova sovente nei negozi. Stenta, invece, a decollare il mercato tra gli altri produttori. Come mai?

Intanto bisogna fare i conti con quella che viene definita la “sindrome del Tavernello”, il vino più famoso d’Italia che ha conquistato il mondo nel brick. Un contenitore che, tuttavia, è ben diverso dal Bag-in-box- Ma questa sindrome pesa perché si innesta su altri fattori tipici della nostra cultura, molto legata alla tradizione: “Il vino è indissolubilmente legato al concetto di bottiglia, non dimentichiamo che storicamente cambia anche il formato della bottiglia a seconda delle caratteristiche morfologiche di ogni vino”, racconta Armando Branchini, vice presidente della Fondazione Altagamma. Spiega Branchini: “Abbiamo la bordolese, l’alsaziana, la borgognotta, e via di seguito. In un paese come l’Italia che ha fatto la storia del vino non è facile mettere da parte questi principi che fanno parte della produzione che del consumo consapevole. Ma non solo. Il consumo di vino, come di altri beni e prodotti, ha anche una sua coerenza con il modo in cui si vive e si abita. Nel nostro paese molti appartamenti hanno una cantina, a differenza della Francia. Questo spiega perché i frigo-cantinetta da anni hanno esistono in gran parte delle abitazioni dei francesi, mentre da noi hanno iniziato a prendere piede ora. Lo stesso per il bag-in-box, chi ha una cantina preferisce magari comprare lo sfuso e imbottigliarselo da sé, lasciandolo conservare nella propria cantina- 

Ma anche l’Italia sta cambiando. Alle cantine si preferisce costruire box, le case sono sempre più piccole. I soldi per la spesa sempre di meno. Ma la gente, pur risparmiando, cerca comunque di non venire meno alla ricerca di qualità. Senza contare un altro fattore. Sul risparmio di prezzo del bag-in-box insiste un fattore oggi considerato chiave: pesa di meno, costa di meno lo stoccaggio, e il trasporto. E, tirando le somme, meno peso vuole dire anche meno inquinamento. Un driver che non lascia ormai più indifferenti i consumatori.

“Il bag-in-box rivoluzionerà il futuro, come il “container” ha rivoluzionato il commercio mondiale”, sostiene Mike Veseth autore di Whte wine Economist, uno dei blog più seguiti nel mondo anglosassone. L’invenzione di un formato standard di shipping adatto a navi, treni e camion ha reso il mondo più piccolo e l’economia più grande, come scrive Marc Levinson. Ora si tratta di capire quale potrà essere l’impatto del bag-in-box.

“Il vino è un bene “di esperienza, lo devi consumare prima di sapere se è buono oppure no, per questo la gente si affida a elementi che possano in qualche modo testimoniare della qualità”, racconta Luca Solca, managing director Global luxury goods di Exane Bnp Paribas. E tra gli elementi che finora hanno testimoniano della qualità di un vino c’è, appunto, proprio la bottiglia.

Ma il punto è proprio questo. Il passaggio decisivo avverrà quando il bag-in-box si identificherà con un brand, come una borsa Birkin. Negli Usa stanno già avanti: il magazine Brand Package ha nominato i vini high-end in BiB, una delle dieci innovazioni di packaging del decennio. Come ogni innovazione, ha bisogno del suo tempo per diventare “mass market”.

“Succederà come il latte”, sostiene Armando Branchini. E spiega:”La plastica è stata una rivoluzione dal punto di vista della logistica e della raccolta dei rifiutii, ma una rivoluzione che ha preso piede solo quando le grandi centrali del latte, come la Granarolo e le altre centrali dell’Emilia hanno deciso di adottare il brick. E lo stesso è stato per le acque minerali”.

Qualche pioniere ha già imboccato la strada…