Drinking from the box
James Laube, editorialista di Wine Spectator di recente ha detto: “La stessa gente che era scettica riguardo al tappo a vite lo sarà anche per i vini in bag in box. Alla prova dei fatti, si sbagliavano riguardo ai tappi a vite e potrebbero sbagliarsi di nuovo riguardo ai bag in box”.
E pure noi siamo convinti che non siano sbagliate le sue riflessioni sul “Drinking From the Box”: il bere dal box.
Se analizziamo la realtà italiana, noi abbiamo ancora molto da fare perché qui siamo ancora una minoranza a dire che il tappo a vite è una buona soluzione, sia per i vini di pronta beva, sia per quelli da invecchiamento. Parimenti risulta ancora più difficile far capire il valore del bag in box. D’altro canto, abbiamo alle spalle decenni di vini scarsi chiusi col tappo a vite e che ci confrontiamo con i brik di basso prezzo nei discount… Ma la capsula a vite di oggi e il bag in box sono altra cosa. Decisamente altra cosa. E pure il prodotto contenuto.
Certo per i baginbox (lo ammette anche Laube), non è immediato entrarci in sintonia.
Ma così come “i puristi rigettavano le chiusure alternative come una blasfemia e un affronto alla tradizione” (in Italia per molti è ancora alto questo pregiudizio) poi invece si verifica che oggi il twist-off (negli USA il tappo a vite lo chiamano così) è la chiusura preferita di un numero crescente di bevitori di vino. Occorre perciò tenere conto del fatto che “l’apertura mentale dei wine lover in un mondo di innovazione che cambia rapidamente è uguale a quella che si riscontra in qualunque altra area del vivere”.
Dunque, perché non il vino in bag in box?
Anche perché la qualità dei “vini in scatola” è andata crescendo alla grande, e nelle degustazioni alla cieca di Wine Spectator ce n’è qualcuno che si è posizionato tra gli 85 e gli 89 punti. Che sono ottimi punteggi!
Fate una prova! Il modo per vincere il pregiudizio è questo: assaggiate vini “al buio”, comparando vini chiusi in modi differenti. E aspettatevi grosse sorprese!